02 dicembre 2009

Come monetizzare la radio online?

Non sono i soli giornali a risentire degli effetti introdotti da internet e a ricercare nuove formule e modelli per monetizzare il web. La radio, per esempio: nell’ultimo decennio il numero di web ascoltatori è cresciuto tantissimo e la domanda che si pongono gli addetti al settore, è la stessa che si pongono i giornali: come valorizzare l’audience online?

In base ai dati pubblicati da Edison e Arbitron (via WSJ), negli Stati Uniti il numero di persone che nella settimana ascoltano la radio via internet sono 42 milioni, nel 2004 erano meno della metà, 19 milioni. Tra questi vi sono persone che ascoltano sia la radio tradizionale, sia la radio online, così come persone che hanno una dieta full internet. 42 milioni equivale al 18% degli ascoltatori dalla radio tradizionale che si stima siano 234 milioni.

Nonostante l’incremento registrato negli ultimi 5 anni la porzione di investimento pubblicitario online, rispetto all’investimento complessivo, (Fonte Borrell Associates) per la radio è del 2,4% mentre per la TV è del 3,4% e per i giornali del 7%. Dato che evidenzia come, tra i tre diversi media, sono i giornali a essere finora riusciti a valorizzare meglio l’opzione internet, anche per ovvie ragioni di necessità: tra i diversi media la carta stampata è la più vulnerabile nei confronti della sfida imposta dal web.

La radio guarda a internet come a una opprtunità per compensare le perdite subite dalla raccolta pubblicitaria tradizionale. Secondo PricewaterhouseCoopers la cifra investita nella radio nel 2009 è destinata a diminuire del 14,2% ripetto al 2008 e si prevede un tasso di decrescita media annuo del 4,7% nei prossimi tre anni.

SNL Kagan prevede che il fatturato online possa passare dal 2,7% sul totale complessivo del fatturato, pari a 441 milioni di dollari conto i 14,8 miliardi total,, al 3,2% nel corso del 2010 e per il 2013 si stima possa arrivare una quota pari al 4,7%.

Secondo le statistiche la media degli ascoltatori di una stazione radio che si collegano a internet è compresa in un range che varia dal 3% al 5%, troppo poco perché i loro siti possano essere ritenuti sufficientemente appetibile dal punto di vista pubblicitario. Non solo ma il valore dell’ascoltatore online in base ai parametri pubblicitari è la metà di quello tradizionale.

04 giugno 2009

Murdoch e contenuti a pagamento. Al Sunday Times le prime sperimentazioni

Rupert Murdoch, nonostante avesse in passato espresso la volontà di cancellare la formula a pagamento dal WSJ, si dice ora convinto della necessità di estendere il modello a pagamento a gran parte dei giornali online di proprietà di News Corporation. Tra questi, Il New York Post, negli Stati Uniti, e il Times e il Sun in Inghilterra. Una misura, dice Murdoch, che vuole essere una risposta al dilagare di un modello di business, fondato sull'accesso gratuito, non più sostenibile. 

Il ragionamento di Murdoch è semplice: i giornali, a differenza di quanto si ipotizzava fino a qualche tempo fa, non possono sostenere i costi delle attività online affidandosi unicamente alla pubblicità. Non solo, ma la crisi della carta stampata determina progressivamente una difficoltà finanziaria che si riflette inevitabilmente anche sull'online, poiché quest'ultimo è vissuto e vive  grazie alla sussidiarietà dei proventi della carta. 

Impresa impossibile? La prima iniziativa coerente con un modello di business di questo tipo è già stata avviata e potrà costituire una sorta di test prima che venga estesa a molti dei giornali di proprietà di Murdoch. A breve l'edizione della domenica del Times (un milione 200 mila copie vendute ogni settimana) , ospitata online all'interno del sito della testata, verrà separata e portata su un sito dedicato il cui accesso non sarà completamente libero. I meccanismi di pagamento che verranno messi in atto sono ancora oggetto di discussione, ma è interessante notare che la politica che verrà adottata prevederà vari livelli di diversificazione con una logica protezionistica nei confronti degli attuali lettori della versione offline. Nulla di tutto questo potrà salvare i giornali dalla condizione disperata in cui si trovano dice Jaff Jarvis, l'unica cosa da fare è che egli editori procedano a un rinnovamento strategico coerente le regole del nuovo mercato di internet.


02 giugno 2009

Il crollo dei ricavi pubblicitari

Se nel 2008 la diminuzione degli investimenti pubblicitari aveva procurato un vero e proprio tracollo nei ricavi dei giornali americani -  le perdite erano state del 17,7% sulla carta e dell'1,8% sull'online, vedi NAA - i risultati del primo trimestre sono devastanti.  la flessione, o meglio il crollo, è stato del 29,7% su carta e del 13,4% sull'online, il peggior trimestre mai registrato nella storia della stampa americana. 

Ciò significa, come ipotizza Alan Mutter, che il 2009 si possa chiudere con un fatturato complessivo di 30 miliardi di dollari, una bella differenza rispetto al 2005 quando le cifre in gioco ammontavano a 49 miliardi. Occorre andare indietro di quasi vent'anni, all'inizio degli anni novanta, per trovare un fatturato equivalente a quello che si presume possa essere quello del 2009. E la sostenibilità dei giornali online si fa sempre più critica considerato che la pubblicità su web sarà ampiamente sotto i 3 miliardi di dollari raccolti nel 2008.


28 maggio 2009

Wan: nel futuro ci sarà sempre il giornale... di carta

Gavin O'Reilly presidente della World Association of Newspapers, in occasione dell'apertura della conferenza internazionale a Barcellona sdrammatizza e ironizza sullo stato di salute dei giornali: prevedere la morte dei giornali sembra sia diventato un nuovo sport, dice O'Reilly, e affermare che il futuro sia l'online è un errore e un enorme semplificazione.

Le cifre. Secondo la Wan vi sono 1,9 miliardi di persone al mondo che leggono un giornale a pagamento. E tra il pubblico adulto la differenza tra lettori dei giornali e lettori online è del 41%. La crisi attuale ha avuto un effetto pesante sull'industria dei quotidiani, dice O'Reilly, ma non è più grave di quanto succeda  in altri settori industriali. Nel corso del 2008 la distribuzione è cresciuta dell'1,3% pari a 540 milioni di copie vendute giornalmente, l'8,8% in più rispetto a cinque anni fa. In molti paesi europei i giornali a pagamento hanno una penetrazione tra il pubblico adulto del 70%, in Giappone è del 91% e in Nord America del 62%. 

Ma le cifre che snocciola O'Reilly sono la testimonianza della crisi dei giornali. Innanzitutto fa sempre e solo riferimento al pubblico adulto: cosa succederebbe se si prendesse in esame anche il pubblico più giovane? Le cifre globali, a livello mondiale, non lasciano poi comprendere esattamente le dinamiche che avvengono nei paesi tecnologicamente più avanzati e con infrastrutture a larga banda con un alto tasso di penetrazione. Il punto di vista della Wan può essere consolatorio, ma l'analisi è distante da quanto succede in molti paesi.

Futuro incerto per Metro e la free press

Non è un gran momento per la free press.  Metro International ha deciso di mettere in vendita le attività in Italia e Portogallo. nei due Paesi la perdita complessiva dichiarata per il 2008 è stata di 2,5 milioni di euro. L'edizione spagnola era sta chiusa nel gennaio di quest'anno. L'Italia non è mai stato un mercato facile per questo tipo di giornali, sebbene rappresentino ormai il 40% delle copie distribuite, contro il 60% della share dei giornali a pagamento. I calcoli sono basati sui numeri dichiarati ufficialmente dagli editori della free press. (Le media europea secondo la World Association of Newspaper è del 23%).

Metro è stato il primo giornale free press apparso sul mercato italiano, correva l'anno 2000, e vanta oggi una distribuzione di circa 800 mila copie (260 mila nella edizione milanese, 150 mila per quella torinese, 45 mila a Genova, 45 mila a Bologna, 60 mila a Firenze e 270 mila a Roma). Al momento il più alto numero di copie distribuite appartiene a Leggo (proprietà del Messaggero), per il quale vengono dichiarate 1 milione di copie. City (Rcs, Corriere della Sera) ha  invece lo stesso numero di copie di Metro: 800 mila. Seguono poi EPolis, 590mila copie, e Dnews, 550 mila copie. Vedi grafico in Newspaper Innovation

Se fino al 2005 i titoli che si contendevano questo spazio editoriale erano Metro, Leggo e City negli ultimi tre anni il mercato è diventato affollato, troppo affollato rispetto a una domanda pubblicitaria in continua flessione. Nel 2007 è stato chiuso Sport24 (Edizioni Master) e nell'aprile di quest'anno 24minuti di proprietà del Sole24ore

26 maggio 2009

Boston Globe, una crisi comune a tanti

Nel 1993 la New York Times Company aveva sborsato la cifra più alta mai pagata per l'acquisizione di un giornale americano: 1,1 miliardi di dollari. Quanto vale oggi il Boston Globe? Ben poco. Il giornale ha accumulato perdite su perdite. Il cuore del problema del Globe è comune ormai a molti giornali ed è semplice e complesso nello stesso tempo: il Globe non ha mai avuto così tanti lettori come adesso, ma un numero sempre più alto di persone accedono alle notizie direttamente al sito del giornale e la pubblicità online non è in grado di garantire le perdite subite sulla carta stampata

La proprietà ha minacciato la chiusura, ma un accordo tra le parti è stato raggiunto e dovrebbe ricevere l'approvazione finale da parte dello staff dei giornalisti. Riduzione degli stipendi, prepensionamenti , allungamento dell'orario lavorativo, rinuncia al posto a vita ( un privilegio che la dice lunga su quello che erano i giornali nel passato e quello che sono diventati oggi) sono alcune delle misure previste per fronteggiare la crisi della storica testata.  Non è detto, però, che la ristrutturazione e ridimensionamento previsto dall'accordo non sia che un anticipo a una futura cessione, come lasciano trasparire alcuni commenti della stampa americana.

Come dimostra la storia del Globe il problema maggiore e sempre più comune è l'insostenibilità delle attuali strutture editoriali nel fronteggiare il cambiamento imposto da internet. Le attività online hanno una debolezza intrinseca causata da un aggravamento delle condizioni del mercato in generale. Come si afferma nella ricerca Ejo per i prossimi anni si prevede che la quota di investimenti pubblicitari sui giornali americani  (online + offline) possa subire un crollo del 42,5%.... La contrazione  prevista nel 2009 è del 15,9% per un giro d'affari complessivo di 31,9 miliardi di dollari e  nel 2012 si dovrebbe ridurre a 28,4 miliardi, una cifra di poco superiore alla metà dei 49,4  miliardi investiti nel 2005, anno di massima espansione del fatturato pubblicitario. Significa  che ogni anno vengono drenati miliardi di dollari dall'industria dei giornali, un fenomeno  che compromette seriamente la vita di molte testate le quali si trovano sempre più spesso a  decidere il proprio futuro in termini di drastico ridimensionamento e/o passaggio all'online. 



25 maggio 2009

Per un sistema di pagamento esteso e flessibile

Come evidenziato nel post Chi è disposto a pagare? la tipologia del lettore online è caratterizzata principalmente da due fattori: utilizzo prevalente di motori di ricerca; tempo di lettura limitato. Questo significa che, al contrario di quanto è avvenuto e avviene nei confronti del giornale tradizionale, l'utente online privilegia una molteplicità di accesso a svariate fonti di informazione.

E' un aspetto sicuramente importante da considerare quando di affronta l'argomento dell'accesso a pagamento. Difficilmente chi ricerca notizie e informazioni su internet è disposto a pagare un abbonamento per l'accesso a una singola fonte informativa

In funzione di questo scenario l'approccio a un modello a pagamento dovrebbe stimolare una condivisione di interessi tra più gruppi editoriali e l'individuazione di un sistema di pagamento semplificato e flessibile che possa estendere la lettura a una pluralità di fonti informative o giornali online. Una tesi sostenuta da Robert G. Picard, professore di economia dei media presso l'università svedese di Jonkoping e che qui riprendo parzialmente:

It currently appears that each online newspaper or their corporate parent will set up their own payment systems. The options being most discussed are subscriptions for use or electronic wallets from which to make micropayments for occasional use.

These factors will have a particularly negative affect on the heaviest online news users—voracious and promiscuous readers who seek news from multiple news organizations. If each newspaper sets up its own payment system, for example, these readers will have to have separate payment accounts for the New York Times, Washington Post, Los Angeles Times, Wall Street Journal, The Guardian, and dozens of other publications they wish to visit.

To deal with this challenge the newspaper industry should seek to create a joint venture or cooperative to solve the problem. Companies should work together to developing a single system that is usable across sites and one that can be extended to handle payments for other types of online content. Such a system would simplify and encourage payment for content, but also develop a new revenue stream by turning the payment system from a cost center to profit center by charging companies for its use.

Giornalismo e media partecipativi: voci, strumenti, prospettive

Antonio Rossano mi ha girato la segnalazione di un interessante appuntamento. Il 23 giugno 2009 a Roma, presso la sala Walter Tobagi, nella sede della Federazione Nazionale della Stampa, si terrà un incontro dedicato al tema: “Giornalismo e media partecipativi: voci, strumenti, prospettive”.

Scopo centrale dell’evento è quello di aggregare quindi soggetti variamente coinvolti nei media partecipati ed informare al meglio sui progetti in corso, presentando una serie di iniziative specifiche e gettando le basi per la creazione di una piattaforma operativa condivisa per incrementare visibilità, partecipazione, qualità dei citizen media anche in Italia.

24 maggio 2009

Chi è disposto a pagare?

Imperversa il dibattito sull'accesso a pagamento. Carlo De Benedetti interviene sul Sole 24Ore dove viene pubblicata anche una bella analisi da parte di Luca De Biase. In linea generale si afferma che il modello a pagamento possa avere un riscontro positivo solo nel caso che l'informazione prodotta online sia di qualità, abbia un carattere di eslusività, insomma, sia originale e interessante. Come esempio virtuoso di questo modello viene sempre citato il solito Wall Street Journal. Ma siamo sicuri che una formula di questo genere possa essere applicata a un giornale medio? Ho molti dubbi e per una serie di ragioni:

  • L'interesse a un accesso a pagamento è prevalentemente limitato al bacino di lettori che attualmente compra la copia cartacea. E soltanto una percentuale di questi potrebbe prendere in considerazione un costo aggiuntivo per accedere al web. Per due semplici ragioni: la percentuale più consistente del giornale ha una età media superiore ai 50 anni e quindi meno sensibile e meno disposta a utilizzare internet; e tra coloro che sono predisposti all'utilizzo di internet la disponibilità a pagare per l'online dipende fortemente dalla differenziazione di informazione disponibile su carta e online, se i due si equivalgono, perché pagare?

  • Il traffico sui giornali online è per il 70% generato dai motori di ricerca. Ciò vuol dire che l'attuale frequentazione dei siti web avviene per criteri di ricerca, mirati all'individuazione di poche e specifiche notizie. Un'attitudine che si traduce in una scarsa disponibilità nell'accettare un servizio a pagamento poiché quello che si consuma in volume di approvvigionamento di informazione e notizie per uno specifico giornale è molto limitato.

  • Il tempio medio di lettura di un accesso online è di pochi minuti, troppo poco per prendere in considerazione un pagamento. L'abbondanza di notizie generata dal modello internet ha creato di fatto una atomizzazione e polverizzazione nel modo di accedere alle notizie e, al di là di poche eccezioni, una più superficiale lettura degli articoli e delle notizie. Uno studio della McKinsey (McKinsey, Reshaping Publishers for Digital) rivela per esempio che tra i il tempo medio di lettura più alto del visitatore online è di 8,7 minuti per il Daily Mail, di 5,4 minuti per il Guardian e 3,3 minuti per il Times.  

22 maggio 2009

Google non acquisirà nessun giornale

Nell'intervista rilasciata al Financial Times,  il Ceo di Google, Eric Schmidt smentisce le notizie di un interesse ad acquisire giornali, tanto meno l'ipotesi di comprare il New York Times. Consiglio di andare a leggerla perché serve a capire la visione della società che viene spesso considerata  il killer dei giornali.  In linea teorica non sarebbe stato male se Google avesse acquisito un giornale come il New York Times. Si sarebbe potuto verificare un esperimento unico: quale modello di business si sarebbe materializzato da parte di una società il cui meccanismo di advertising alimenta la concorrenza nei confronti della stampa? 




Alla ricerca di nuovi modelli

Dean Singleton, CEO di Medianews Group, uno dei colossi dell'editoria americana, in un'intervista rilasciata al Denver Westword Blog si dichiara ottimista sul futuro dei giornali, non solo sopravviveranno, dice, ma riusciranno ad avere nuovo successo. "La crisi esiste, inutile negarlo, ed è una combinazione provocata da un cambiamento strutturale e da una crisi economica che ha effetti perversi sugli investimenti pubblicitari. Ma i soldi che non sono stati spesi sui giornali non sono stati trasferiti su altri media. Basta guardare ai risultati del primo trimestre di radio e televisione dove i fatturati hanno subito una flessione ancora più pesante rispetto a quella registrata sulla stampa". 

Se dovessimo reinventare il modello di business, si chiede Singleton, che ruolo avrebbe internet? Quali errori sono stati fatti nel passato? "L'idea era allargare l'audience, mirare a al più alto numero di lettori online, più lettori più pubblicità, è la matematica di Internet. E questo è risultato vero, ma ciò che non abbiamo compreso negli ultimi anni è il livello di competitività che avrebbe raggiunto internet e come il costo della pubblicità si sarebbe di conseguenza ridotto". 

Il costo della pubblicità su Internet, secondo Singleton, si è drammaticamente ridotto nel corso del 2008, quasi dimezzato, una riduzione del 47%.  Molti giornali sono riusciti a creare prodotti online con un alto numero di visitatori, ma la pubblicità su internet ha un valore molto più basso di quello che si immaginava potesse avere

Se questa è la tendenza, se il costo unitario per la pubblicità su internet è destinato a diminuire, è inevitabile ricercare nuovi meccanismi per generare nuovi ricavi, incluso un modello a pagamento. Un modello che non sia esteso a tutti i lettori, ma che abbia i presupposti per potere essere preso in considerazione da una parte dei lettori con un interesse ad accedere in modalità selettiva o attraverso nuovi canali tecnologici.

Non è possibile continuare a pagare per il giornale di carta e servizi per accesso via e-reader o mobile device e regalare tutto su internet. Alcune soluzioni? Per Singleton un'idea è dare la possibilità a chi si abbona al giornale di avere un accesso completo al contenuto offline e limitare invece l'accesso ai lettori unici su web. D'altra parte una delle ragioni per cui le copie vendute diminuiscono è perché quelle stesse informazioni sono reperibili free nella versione online. 

Pur ammettendo che non vi sarà spazio per tutti, e che l'esistenza di più giornali in una stessa area metropolitana sarà sempre più a rischio, Singleton non è d'accordo sul negativismo che cicronda il mondo della stampa. La domanda di informazione e di accesso alle notizie non è mai stata così elevata, ma la  domanda per la carta stampata, sebbene, ancora elevata, non è più ai livelli di una volta, e quindi? Quindi significa, conclude Singleton, che dovranno emergere nuovi modelli. 

19 maggio 2009

Internet e giornali: come uscire dalla crisi?

Pubblicata oggi la ricerca Internet e giornali: come uscire dalla crisi? che ho scritto per conto dell'Osservatorio europeo di giornalismo, il centro studi della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università della Svizzera italiana.

La ricerca analizza quanto accaduto nel corso del 2008, gli effetti dell'attuale crisi economica sullo stato di salute dei giornali e il rapporto di questi ultimi con le contraddizioni sollevate dal mercato dell'informazione online. In particolare si tende ad individuare i costi associati alla stampa e al web verificando quali ipotesi di sviluppo sono possibili in base ai fondamentali economici legati all'uno e all'altro modello di produzione.

Quali sono le tendenze che si stanno imponendo? Esistono alternative ai modelli ibridi, online-offline, intrapresi dai giornali nati nel mondo della carta? Come possono essere riorganizzate le strutture redazionali per rendere più efficiente la sostenibilità dell'informazione su web? Quali possono essere i percorsi per garantire la produzione di un'informazione di qualità che soddisfi un universo di lettori in continua trasformazione? Questioni di scottante attualità su cui tutti gli operatori del settore stanno cercando di trovare una risposta.

Un ringraziamento personale a Marcello Foa i cui consigli e suggerimenti sono stati preziosi per la realizzazione della ricerca.

18 maggio 2009

FT.com: online insostenibile senza un modello a pagamento

Accesso a pagamento per i giornali online. Se fino all'anno scorso sembrava che, tranne rare eccezioni, in primis Wall Street Journal e Financial Times, si fosse ormai archiviata l'idea del pagamento per la lettura di articoli e notizie, l'argomento torna, una volta ancora, al centro del dibattito. Formule più restrittive vengono ipotizzate dagli stessi WSJ e FT.

Rob Grinshaw, publisher di FT.com è dell'idea che se i contenuti sono di qualità la gente è disposta a dare un proprio contributo. L'assunto di base è che un giornale online non può avere la pubblicità come unica fonte di sostentamento. Attualmente FT.com prevede un abbonamento a 99 sterline l'anno, che garantisce accesso all'intero contenuto del sito, e la possibilità, per i non paganti, di leggere fino a un massimo di 10 articoli per mese.

Il modello di business online deve necessariamente puntare a una formula di pagamento più esteso? Grinshaw ne è convinto. La cosa interessante è che queste affermazioni arrivano da parte di chi è riuscito in questi anni a sostenere comunque un formula di successo per quanto riguarda la logica del pagamento. Sembra però non essere sufficiente.

Considerata l'attuale valorizzazione del valore di un lettore online il numero di visitatori o page per view per garantire un minimo di redditività sono impossibili da raggiungere per la stragrande maggioranza dei giornali. E non sono sufficienti nemmeno i numeri di FT.com che può vantare 110 mila lettori a pagamento e 1,3 milioni di utenti registrati.

15 maggio 2009

Giornali e Kindle

Negli Stati uniti sono ormai 37 i giornali che prevedono la possibilità di essere letti tramite il lettore elettronico Kindle di Amazon. Il costo medio dell'abbonamento mensile è di circa 10 dollari. Il prezzo più alto è quello imposto dal NYT, 13,99 dollari mese, quello più basso è proposto dal San Francisco Chronicle, 5,99 dollari mese. In base a quanto riportato dal New York Times, il 70% dei ricavi va nelle mani di Amazon che, di fatto, rappresenta il costo di distribuzione, in quanto responsabile dell'erogazione del servizio attraverso la connettività wireless offerta da Amazon Whispernet. Il costo del Kindle attualmente in circolazione, schermo a sei pollici è di 359 dollari mentre il modello deluxe atteso per quest'estate, schermo da 10 pollici, avrà un costo di 489 dollari.

Chi potrebbe guadagnare di più da un progressivo numero di persone che volessero leggere il giornale su un ebook non sono il giornali stessi , ma Amazon, anche se il rapporto di partnership tra quotidiani e Amazon è in continua evoluzione. Se il costo di compensazione dovuto ad Amazon si aggira sul 70%, i ricavi per gli editori sarebbero del 30%, ovvero, facendo riferimento al prezzo medio degli abbonamenti mensili, equivalente a circa 3 dollari mese. Non solo, ma l'introduzione dell'ebook potrebbe avere effetti controproducenti in termini di ricavi. Considerato che la tipologia dell'utilizzatore dell'ebook paper potrebbe essere quella di un lettore che attualmente compra la rivista in edicola, il passaggio all'ebook sottrarrebbe una quota consistente di ricavi. Per semplificare il rapporto sarebbe 3 dollari mese per l'ebook contro i 30 dollari mese della carta. Un rapporto 1 a 10. Pur prevedendo un risparmio derivabile da un risparmio di costi di produzione e distribuzione del giornale cartaceo, solitamente stabilito in una percentuale variabile tra il 60-70%, il valore medio del lettore, e i margini di guadagno sostenibili, non sarebbero superiori a quelli della carta. Se, al contrario i ricavi degli editori potessero arrivare a una percentuale dell'abbonamento non inferiore al 50%, si sarebbe nella condizione di avere una profittabilità migliore di quella attualmente conseguibile dalla vendita del giornale cartaceo.

Stephen Peters, ha raccolto sul suo blog una serie di informazioni per comprendere chi è attualmente l'utilizzatore del Kindle. Il profilo che ne è risultato è quello di una persona con una età media superiore ai 50 anni, corrispondente di fatto all'età media dell'attuale lettore della carta stampata.

14 maggio 2009

Giornali e lettori elettronici

Il lettore elettronico si candida per essere una delle possibili opzioni tecnologiche che i giornali potranno utilizzare per cambiare l'attuale sistema di distribuzione dei contenuti. Sono ormai molte le testate che stanno valutando, sperimentando, alcune già avviato, il servizio. Ma quale successo potrà avere questa nuova formula è tutto da dimostrare. Innanzitutto il costo. Il primo giornale italiano ad iniziare in questi giorni la disponibilità del servizio è La Stampa. L'ebook per il quale è stato ottimizzato il servizio è fornito dalla iRex Technologies. Disponibili due modelli iLiad e Digital Reader che si possono acquistare online direttamente al sito rispettivamente al prezzo di 599 e 699 euro. Il costo di abbonamento proposto da La Stampa è a 11,90 euro al mese; tre mesi costano 29,90 euro. Per chi si abbona per 6 mesi (54,90 euro), per chi si abbona per l'anno intero (99,90 euro). Il servizio può essere inoltre fruito anche online, senza necessità di un reader, ma a che pro? sarebbe come legger online il giornale in pdf.
La questione di fondo è: chi può essere interessato a sostenere un costo di questo genere, acquisto dell'e-book e abbonamento? Se in questo momento può essere considerata una sperimentazione, quale logica può sostenere lo sviluppo di un modello di lettura di questo genere?
In linea generale gli editori stanno cercando delle formule che consentano di introdurre un pagamento per l'accesso online ai contenuti. Se fino a questo momento la stragrande maggioranza dei giornali ha deciso di optare per un accesso libero, confidando nella possibilità di essere remunerativi attraverso la pubblicità, un metodo diverso per trovare altre fonti di ricavo si pensa possa essere rappresentato dagli ebook, una logica molto vicina a quella già avviata per i servizi erogati a dispostitivi cellulari. Ci sono molti dubbi sul fatto che l'ebook possa coinvolgere un numero di persone sufficiente ad avviare una nuova modalità di accesso a notizie ed articoli che possa rendere sostenibile il futuro dei giornali. Tuttavia vi sono ragionevoli pro e contro. Ecco alcune considerazioni:

- Perché spendere soldi per avere informazioni che nella maggior parte possono essere reperibili online gratuitamente? Logica vorrebbe che anche il contenuto online fosse a questo punto accessibile con micropagamenti. Una questione tuttora in discussione sebbene i giornali generalisti siano avviati ormai da tempo su un modello online di tipo free.

- L'utilizzo dell'ebook corre il rischio che sia prevalentemente utilizzato dalle persone che attualmente comprano il giornale in edicola. Nel caso significa garantirsi, vedi La Stampa, 99 euro di abbonamento anno, inferiore alla cifra attualmente spesa da un lettore medio del giornale cartaceo.

- Se il servizio ebook decolla significa per il giornale ridurre progressivamente costi di produzione e distribuzione, in quanto il numero di copie stampate potrà diminuire proporzionalmente al crescere degli utenti elettronici. E' in quest'ottica che il lettore elettronico potrebbe in diventare una interessante prospettiva per i gruppi editoriali.

- La modalità di pagamento dovrebbe essere semplificata e accostarsi maggiormente a quella del mondo della telefonia mobile. Ammortizzare il costo del dispositivo all'interno del costo per l'abbonamento.